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Nadezda Pelcova: Filozofická a pedagogická antropologie

Praha, Karolinum 2000

ISBN: 80-246-0076-5

Recensione di Francesca Caputo


Un contributo irrinunciabile alla filosofia della formazione č fornito dal libro “Filozoficka a pedagogicka antropologie” di Nadezda Pelcova, specialista in tematiche di antropologia filosofica e filosofia dell’educazione. Nadezda Pelcova - direttrice, tra l’altro, del Dipartimento di Pedagogia e Filosofia presso la Charles University di Praga - ricostruisce in questo testo i fondamenti dell’antropologia pedagogica. Č molto interessante notare come la Pelcova, in questa sua ricostruzione, segua l’originaria traiettoria antropologico-filosofica di tradizione tedesca, distinta ma complementare a quella antropologico-culturale piů sviluppata in ambito anglosassone. Alla luce di tale prospettiva l’Autrice prende in esame le linee fondamentali dell’antropologia filosofica in Dilthey, Scheler, Buber, analizzando tali figure per quanto riguarda il loro impatto sulla formazione. A Dilthey č dedicato uno spazio maggiore. Ciň č dovuto principalmente al fatto che il grande filosofo tedesco č stato tra i primi a superare la concezione intimistica cartesiana per imboccare la via incentrata sull’esistenza storica dell’uomo. Da un punto di vista metodologico, con Dilthey, in quanto rappresentante delle scienze dello spirito o dell’uomo, l’uomo appare nella sua dimensione propriamente umana, tesi questa – com’č noto - distinta dalle scienze della natura che si preoccupano di studiare l’uomo come cosa naturale. Si tratta di una tesi, peraltro, distante anche dal trascendentalismo kantiano e dal suo modo di intendere il soggetto. In riferimento all’antropologia ermeneutica (Dilthey) e all’antropologia fenomenologica (Husserl), l’Autrice discute le orientazioni essenziali dell’antropologia pedagogica, evidenziando le relazioni tra ermeneutica ed educazione, tra fenomenologia ed educazione. L’Autrice procede nella sua chiarificazione concettuale e metodologica sui fondamenti dell’antropologia pedagogica in relazione alle teorizzazioni antropologico-filosofiche scheleriane, in particolare innesta le sue riflessioni sul concetto di “simpatia”,  aspetto in cui si evidenzia fino a che punto una persona č capace di proiettarsi sentimentalmente nella situazione di un’altra. L’Autrice ne analizza le evidenti implicazioni etiche, sociali e filosofico-educative che porta con sé. Ampio spazio l’Autrice riserva anche al modello dialogico di Buber. Il filosofo del dialogo, nel proporre un modello antropologico non impersonale o strumentale, basato sulla relazione io-tu, offre all’Autrice indicazioni preziose per una disamina tesa a delineare le profonde implicazioni filosofico-educative legate alla fisionomia dialogica della persona. Infine, l’Autrice colloca le sue riflessioni su un orizzonte fenomenologico-ermeneutico-ontologico dove l’uomo non č qualcosa di fisso o di statico ma si va configurando attraverso la storia, le costruzioni culturali, il passato, la tradizione, che l’orientano. In tutto questo ha fondamentale importanza il linguaggio che sempre giŕ ci precede e da cui non possiamo mai portarci fuori.